
Ho incontrato Marilena Delli Umuhoza, la prima volta nel 2016, in occasione della presentazione del suo primo libro “Razzismo all’italiana – Cronache di una spia mezzosangue”.
Era stato un pomeriggio, quello a Parma, di piacevoli scambi e dibattiti nonostante il tema non sempre felice.
Ritrovate con la consapevolezza e la maturità della nostra identità, che ci permetteva di sorridere a quel “Negretta” che ci ha fatto compagnia da piccole, avevamo deciso di guardare al futuro con la speranza che le prossime generazioni di afro-europei non dovevano più sentirsi affibbiare quelle etichette. Da quell’incontro è nata una bella amicizia, che coltiviamo ancora oggi, nonostante le distanze.
2020, sono passati 4 anni dalla presentazione di “Razzismo all”Italiana” e nulla è cambiato, se non poco. Ci ritroviamo in una mattina di mezza estate, in un angolo di pace, nella nostra adorata Venezia.
Tra risate e qualche lacrima Marilena mi racconta della nascita di “Negretta – Baci Razzisti” il suo primo romanzo young adult che fa seguito al mémoir “Razzismo all’italiana – Cronache di una spia mezzosangue”, pubblicato da Red Star Press, con la postfazione di Stella Jean.
L’idea è nata dal fatto che fin da piccola non mi sentissi rappresentata dal mondo dei mass media, del cinema o dell’arte in generale. Oltre al fatto che le rare persone nere rappresentate fossero ridicolizzate, criminalizzate o schiavizzate. Sono cresciuta nella quasi totale assenza di modelli neri positivi, a parte mia madre naturalmente.
– Marilena Delli Umuhoza

Questo romanzo si ispira alla sua famiglia e segue le vicende di Marilena, ragazzina afroitaliana cresciuta negli anni ’80 e ’90 nella roccaforte leghista per eccellenza: Bergamo.
Sua madre rwandese, sopravvissuta a tre genocidi, che si sente più italiana che africana, spinge la figlia a integrarsi, obbligandola a usare saponi sbiancanti e prodotti per lisciare i capelli. Marilena si sente spesso ripetere dalla mamma: “La gente ci rispetta solo perché tuo padre è bianco” e “Noi partiamo svantaggiati. Loro ci guarderanno sempre come esseri inferiori. Per questo devi rimboccarti le maniche dieci volte più degli altri”. E così ha fatto.
Sua padre bergamasco doc, ex missionario e leghista fino al midollo, si sente alla fine più africano che italiano. Ha lasciato la Chiesa in nome dell’amore, pagando un prezzo altissimo: viene emarginato dai familiari e anche dalla società, che lo forzerà a svolgere i lavori più sottopagati, nonostante il suo vasto bagaglio culturale.
Essere donna, nera, intelligente per Marilena non è stato facile, soprattutto essere tutto ciò a Bergamo. E’ diventata grande sentendosi chiamare “Negretta” e cresciuta trovando ogni giorno la forza per affrontare le ferite inferte alla sua anima dal sessismo, dal disprezzo per i poveri e dalla xenofobia.
“Negretta” è il nome con cui è stata chiamata dalle infermiere appena nata, da compagni e insegnanti, impiegati comunali e familiari, conoscenti e non. “Negretta” è il nome con cui è stata chiamata anche sua figlia.
Quella di Marilena e del suo libro “Negretta” è una battaglia per l’affermazione di un’identità afroitaliana che non rinuncia a sfoderare l’arma dell’ironia, costruendo un labirinto di finali imprevedibili, di passioni irrinunciabili e di consapevolezze strappate al disprezzo di chi, pagina dopo pagina, dall’alto del suo machismo e del suo razzismo più o meno conclamato, sarà costretto a scoprire di essere già stato sconfitto dalla storia.
Ma “Negretta” è soprattutto la storia di un’amicizia nata su uno scuolabus: dove il coro razzista si indirizzava a Marilena, etichettata come “Caffè” perché troppo nera, e a Eugenia, chiamata “Latte” perché troppo bianca. Appellativi offensivi che finiranno per diventare il loro orgoglioso nome di battaglia.

Marilena Delli Umuhoza: multitalentuosa bergamasca in giro per il mondo
Marilena Delli Umuhoza è dottoressa in Lingue e Letterature Straniere (Università degli Studi di Bergamo). A Los Angeles ha studiato teatro e regia presso l’Università della California UCLA. All’Africa ha dedicato una tesi sul Cinema e uno studio sulla tribù Ayao in Malawi. Regista del documentario Rwanda’ Mama, selezionato al Festival del Cinema Sudafricano nel 2009, ha firmato documentari e video musicali con band dall’Europa, Africa, Asia e Stati Uniti. Tra questi Jovanotti, Malawi Mouse Boys, Tinariwen, vincitore di un Grammy nel 2011, e Zomba Prison Project, nominato ai Grammy’s del 2016. Sul suo sito potete vedere tutti i progetti ai quali ha lavorato
In lei vedo una grande donna capace di trasmettere coraggio con dolcezza e col giusto pizzico d’ironia che non guasta mai! Anche Marilena possiede il fattore N, che ritroviamo nel nostro video-manifesto.
Oggi da mamme, continuiamo a portare avanti le nostre “lotte”, le nostre passioni, per la costruzione di una società in cui si venga riconosciuti semplicemente come “Cittadine Del Mondo”.